Mauro, discepolo di San Benedetto, era figlio di un nobile romano ed ancora
giovane fu offerto dal padre al santo e ne divenne presto il fidato collaboratore.
Si dice che egli, durante l’ora dell’orazione in uno dei monasteri benedettini,
abbia visto il Diavolo tirare la tonaca di un monaco
inducendolo a correre fuori dalla cappella.
L’episodio che però lo rese celebre nella storia della chiesa cattolica,
è quello della sua miracolosa obbedienza: un giorno, San Benedetto, vedendo un
fanciullo che per attingere acqua in un lago
si era sporto troppo su quelle rive e che lo stesso era stato travolto dalle onde,
ordina a Mauro di intervenire urgentemente per salvare il fanciullo.
Mauro, curandosi solo della volontà di obbedire, procedette immediatamente verso la riva,
prese il bambino per i capelli e lo ricondusse a terra, accorgendosi soltanto allora di
aver camminato sulle acque.
Ancora secondo alcune fonti della Chiesa, Mauro, alla partenza di San Benedetto,
aveva predetto la morte di un avversario del monaco, e fu punito dallo stesso
monaco per aver gioito della morte di un uomo.
Mauro, vissuto poi a Montecassino, ne fu eletto priore ed amministratore e un giorno,
guarì un fanciullo zoppo e muto pondendo su di lui la stola Diaconale.
Mandato in Francia dal suo maestro, ricevette un codice delle regole
e le preziose reliquie della
Santa Croce; nel viaggio di ritorno si fermò a Vercelli,
ove guarì il vescovo precipitato dalla torre;
passando per le Alpi poi, sanò un domestico caduto da cavallo, ridiede la vista a un cieco
e la vita ad un giovane.
Operò nel suo monastero in modo da sviluppare la religiosità e negli ultimi anni della sua vita si
dedicò solo alla preghiera e alla lettura.
Infine, dopo che una pestilenza gli ebbe portato via molti dei suoi monaci,
si ammalò anch'egli e morì.
Quanto detto deriva da una biografia apocrifa (non riconosciuta dalla Chiesa)
di Odone di Glanfeuil, per cui non è dato di sapere della loro veridicità.
La venerazione di San Mauro fu divulgata per mezzo dei Cluniacensi,
ma i monasteri dedicato al suo nome, furono più numerosi nell’Italia meridionale anziché
in quella settentrionale.
Nell’iconografia viene spesso rappresentato in maniera molto severa
con il pastorale di Abate e con una gruccia,
poiché è considerato il patrono degli zoppi e dei gottosi.
Testi a cura di Andrea Murru